ORIGINE DELLA LUNA E PERDITA DI MARTE: UNO SCENARIO ASTRONOMICO A MEMORIA DI UOMO

Emilio Spedicato

Università di Bergamo, Dipartimento di matematica

Release 2, August 2015

Nota e dedica

Una versione in inglese più estesa di questo articolo è apparsa nel volume speciale dedicato al grande studioso prof Alfred De Grazia, americano di origine italiana e collaboratore di Spedicato per alcuni anni presso l’ Università di Bergamo, in occasione del suo novantesimo compleanno, nel mese di dicembre 2009, a cura della SIS, Society for Interdisciplinary Studies. Chi scrive è stato l’ultimo collaboratore di De Grazia a visitarlo nella sua residenza francese di Villaines le Gonais, dove Alfred allora novantaquattrenne ascoltò con interesse critico le nuove teorie, pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa. A lui è dedicato questo lavoro.

1.  Cenni sulle teorie astronomiche sull’ origine della Luna

L’ origine della Luna resta uno dei problemi aperti in astronomia. Sino alla prima raccolta di rocce lunari fra le pur molte teorie esistenti era preferita quella della sua formazione insieme alla Terra dalla nube gigante di gas e polveri prodotta dall’ esplosione di una stella precedente (il Sole è una stella di seconda generazione). Processi di condensazione di questa nube avrebbero prodotto Sole, pianeti di tipo terrestre ovvero rocciosi, pianeti gassosi. Dopo la scoperta della cosiddetta fascia di Kuiper esterna ai pianeti classici, a forma di ciambella, e della cosiddetta fascia di Oort, ancora più esterna e a forma più o meno sferica (ma alcuni dubitano che tale sfera di Oort esista…), i calcoli hanno mostrato che queste strutture consistenti di trilioni di oggetti sono costituite in buona parte da materiale catturato dalla galassia. Infatti durante il giro completo della galassia che il Sole ne fa in circa 200 milioni di anni, si ritiene che catturi molto materiale soprattutto  attraverseo i bracci della galassia e il piano galattico, evento che avviene ogni 30 milioni di anni circa. Durante tali passaggi sarebbe perduta anche una parte del materiale nella nube di Oort. Le regioni esterne del sistema solare sarebbero quindi costituite in parte da materiale vario di origine da diverse regioni della  nostra galassia.

I pianeti interni e i giganti gassosi secondo la teoria ampiamente accettata di Whetherill (1979), che ora è tuttavia soggetta ad ampia revisione dopo la scoperta di inusuali sistemi planetari attorno ad altre stelle, almeno 2000 al momento di scrivere,  stabiliva che i pianeti interni potevano formarsi a non oltre mezzo miliardo di km dal Sole, quelli gassosi oltre. Fra i problemi nati con la scoperta di altri sistemi planetari notiamo la presenza di giganti gassosi vicinissimi alla loro stella, anche solo a circa 1 milione di km.  Tale fatto ha avuto una spiegazione in termini di meccanismi prima ignorati da Del Popolo (2001, 2002). Ulteriori calcoli di Meyer et al (2002) hanno dato l’incredibile risultato, ammesso che modello e calcoli siano corretti,  che i grandi pianeti gassosi si formerebbero non negli stimati precedenti dieci milioni di anni, ma solo circa in qualche secolo! Inoltre considerazioni di Ackerman (1999 a,b), fra cui l’analisi dell’impatto su Giove della cometa frammentata Shoemaker-Levy,  hanno indicato la quasi certa presenza di un  nucleo solido costituito in parte da clatrati e idrati di metano, sostanze instabili prone a trasformarsi in gas. Qui solo accenniamo al non meno inatteso fatto, da analisi gravitimetrica dei nuclei di Giove e Saturno da parte di sonda spaziale, che il nucleo di Giove ha massa inferiore a quella del nucleo di Saturno. Tale fatto pare spiegabile solo con un impatto gigante che abbia espulso parte della massa di Giove. Stando ad analisi di astrofisici di Pechino il corpo impattante avrebbe avuto massa circa dieci volte quella terrestre, ma il tempo dell’impatto non è stato valutato. Vedasi Spedicato (2013).

Il problema della formazione dei satelliti è simile ma con più possibili soluzioni. Satelliti possono nascere insieme al loro pianeta, ma anche provenire da impatti successivi o cattura di corpi in orbita propria o associata ad altri pianeti.  Per quanto riguarda la Luna, una formazione contemporanea con la Terra è stata esclusa per la diversa composizione, anche isotopica, delle rocce. Altre possibili origini vengono dalla cattura o da un impatto. L’impatto è ora considerato la soluzione preferibile, vedasi Boss (1986) o Palme (2004), e molti altri autori. Si assume che un corpo della massa stimata di Marte abbia colpito tangenzialmente la Terra, o anche sia passato assai vicino, in tempi assai remoti. L’impatto avrebbe vaporizzato il corpo e parte della crosta terrestre. Parte del materiale vaporizzato ricadde sulla Terra, parte si disperse nello spazio, parte si condensò attorno alla Terra formando la Luna. In tali condizioni potrebbero formarsi vari satelliti, che però, stando a calcoli di Canup et al (1987), si unirebbero in un solo corpo. Tale impatto è stato simulato con vari parametri e composizione del corpo impattante per spiegare la composizione rocciosa della Luna.

Un’altra possibile origine della Luna è la cattura di un corpo con l’attuale composizione rocciosa. Si può considerare che un corpo su propria orbita sia catturato quando entri nella sfera di Hill della Terra, dove l’attrazione terrestre domina su quella solare. L’evento è tuttavia impossibile come semplice cattura in un sistema a tre corpi (Terra, corpo e sole), per note leggi della meccanica celeste. Devo questa osservazione al grande astronomo Tom Van Fleern, che partecipò alle due conferenze organizzate a Bergamo da chi scrive, ovvero la 1999 Conference on New Scenarios on the Evolution of Solar System e la 2001 Conference on Fifty Years since publication of Velikovsky’s book Worlds in Collision. Una cattura a tre corpi potrebbe avvenire solo sotto speciali condizioni, come una esoterica improvvisa diminuzione della massa del Sole, vedasi Szebehely e Evans (1980), oppure se la Terra avesse una atmosfera assai densa, vedasi Nakazawa et al (1980), i quali hanno provato che in tale caso l’orbita dalla Luna catturata diventerebbe circolare in meno di un secolo. Uno dei tanti risultati su fenomeni più veloci di quanto si era prima supposto scoperti in astronomia.

La cattura è invece possibile, per fine tuning dei parametri del corpo in arrivo, come Van Fleern comunicò a chi scrive in una email del 5-11-07, poco prima della sua immatura scomparsa per tumore,  in uno scenario a 4 corpi, come quello qui proposto, che sembra mai essere stato prima considerato. Ovviamente possibile anche più di 4 corpi. Per una modellizzazione del problema, ma senza soluzioni numeriche, vedasi Spedicato (2010).

Il nostro scenario colloca la cattura della Luna non in tempi remoti, ma a memoria umana. La collochiamo al momento della veloce fine dell’ultima glaciazione, quando anche ebbe fine una civiltà avanzata, quella di Atlantide nella descrizione di Platone, vedi Spedicato Spedicato (2007 a, b, 2014), con scomparsa di specie animali e distruzione ampia dell’umanità. Fra le altre proposte nella letteratura, ricordiamo quella di De Grazia (1983), che ipotizza l’espulsione della Luna dalla attuale regione dell’Oceano Pacifico, spiegando con tale evento varie proprietà geologiche della Terra. Tuttavia ci sono nella sua teoria alcune questioni irrisolte, ovvero

–         quale meccanismo produca l’espulsione

–         come potrebbe la vita sopravvivere a tale evento

–         come spiegare la mancanza di differenze geologiche fra il fondo del Pacifico e degli altri oceani, come a me affermato dal noto geologo Walter Alvarez della UCLA Berkeley, scopritore dell’ evento K-T che portò alla scomparsa dei dinosauri, causa un impatto con asteroide di una decina di km di diametro nella regione dello Yucatan.

Nel seguito presentiamo il nostro scenario per la cattura della Luna in un approccio a 4 corpi, con una estensione a 5 corpi. Siamo motivati da tradizioni religiose e mitologiche, dietro le quali molto spesso sta un ricordo di eventi reali. Consideriamo poi come sia possibile verificare tale scenario con un modello matematico.

2.  Recente origine della Luna in una cattura a 4-corpi, uno scenario

Velikovsky nel libro non pubblicato In the beginning, disponibile nel sito prodotto da Jan Sammer, considerò brevemente la possibilità di una cattura della Luna, suggerita da passi della Bibbia e da altre fonti. Qui citiamo da Velikovsky, V, ed altre fonti, S, da noi rintracciate, certamente solo una piccola parte di quante si potrebbero trovare con una ricerca più ampia

–      (S) I Chimu erano un popolo della zona costiera del Peru, la cui notevole civiltà si sviluppò prima di quella degli Incas, che entrarono in scena solo verso il 14th secolo AD. Era tradizione dei Chimu che la Luna fosse apparsa nel cielo in un certo momento, come figlia del dio Pachamacac, n dio anche venerato dagli Incas. Il nome Pachamacac significherebbe Colui che crea, anima (macac) tutto l’universo  (Pacha), vedi Miccinelli et al       (1988).

–      (S) I Malekula sono una tribù di un’isola montuosa vicino alla Nuova Guinea, i quali affermano che ci fu un tempo in cui l’aria si riempì di vapori, e divenne impossibile vedere il mare anche da vicino. Quando l’aria schiarì, si osservò che il livello del mare era salito e molte terre erano scomparse. Inoltre nel cielo era apparsa la Luna. Vedasi il libro di Walter Bonatti sui viaggi fatti quando abbandonò le scalate, fra cui uno sul Kilimangiaro dove in prossimità del cratere trovò lo scheletro di un elefante…

–         (S) Gli Indù affermano che la Luna apparve dopo che il mare era entrato in ebollizione,  vedasi Daniélou (2002).

–       (V) Nella Bibbia Giobbe dichiara Dio come Signore di quando esiste la Luna e    di quando non esisteva, vedasi  Salmo 72-5 e  Giobbe 25-5

–       (S) Censorino nel  “De die natali” scrive:  “Gli Arcadi affermano, ma io non lo credo, che prima che la Luna esistesse, l’anno aveva non 12 ma 3 mesi”

–       Velikovsky nel citato libro menziona vari scrittori greci e latini per i quali la Luna apparve a memoria di uomo, fra i quali  Democrito, Anassagora, Aristotele, Apollonio, Plutarco, Ovidio, Ippolito, Luciano. Osserva anche che la Luna sarebbe stata più luminosa in passato. Non mi è stato possibile controllare queste fonti classiche. Va tuttavia aggiunto che Velikovsky, bell’opera citata In the beginning, cita tavolette sumere la cui traduzione pubblicata ad inizio Novecento darebbe un diametro lunare una volta e mezzo quello del sole, corrispondente ad una distanza lunare di circa 270.000 km e ad un anno con 16 mesi. Tali traduzioni non sono certe, come indicatomi dallo studioso Francesco Pastore.

–       (S) Un simbolo importante nel mondo islamico, di origine non araba ma turca (i turchi hanno alcune delle più antiche tradizioni , vedasi l’ epica di Manas dei Kirghisi, in milioni di versi) è la ben nota immagine della mezzaluna avente all’interno una stella a cinque punte.

La memoria umana può raggiungere varie migliaia di anni  nel passato, ad esempio il tempo della grande catastrofe che distrusse Atlantide, associabile alla fine dell’ultima glaciazione, vedasi Muck (1956), Barbiero (1974), Collins (2000),  Spedicato (1991, 2007a,b, 2014) e altri. Anche memorie più antiche potrebbero essere sopravvissute, come quella della più antica catastrofe dei Maya per azione di fuoco e vento, associabile ora ad una esplosione super Tunguska avvenuta nella regione dei Grandi Laghi verso il 10.900 AC. Tale evento avrebbe terminato l’era di Clovis, iniziato il freddo e ventoso Younger Dryas, lasciato lo strato detto black mat esteso un tre milioni km quadri di vegetazione parzialmente bruciata. Materiale che osservai in vari luoghi nel deserto di Escalante, Utah, ospite dello studioso Evan Hansen. Venti che per la prima volta spiegherebbero l’altrimenti enigmatica affermazione di Platone secondo cui la città di Atlantide era costruita in una zona che montagne proteggevano dai freddi venti. Anche memorie più antiche, di eventi associabili al 17.000 e 27.000 AC possono forse ritrovarsi negli Yuga indiani,  vedi Spedicato (2014a);la prima data sarebbe relativa all’attivazione del Maddaleniano (periodo con salto di qualità nella tecnologia di allora), la seconda alla fine del Neeerthal alla capacità dell’uomo di conservare il fuoco,  tema della leggenda di Prometeo.

In Spedicato (2014b) è sviluppata l’idea, risalente ad anni e studi precedenti, che la rapida fine dell’ultima glaciazione, ora nota da vari lavori, fra cui Pedersen (2007), sia dovuta al passaggio ravvicinato di un grande corpo, ora stimabile avente massa circa dieci volte quella terrestre. Il passaggio di tale corpo deformò lievemente la Terra, frattureo la poco spessa crosta oceanica, con uscita di magma ed evaporazione di acque oceaniche. I vapori prodotti in questo modo fecero pensare a sopravvissuti che li osservarono da alte montagne vicine ad oceani (ad esempio dai Ghati indiani, con riferimento alla tradizione citata da Daniélou) al fenomeno della bollitura delle acque oceaniche. L’evento produsse inoltre grei tsunami, vedasi quello descritto in Platone, fu ridotta per le piogge ed i vapori la visibilità, spiegeo la tradizione dei Malekula, furono sciolti in parte i ghiacci ed il livello del mare salì, si stima di un centinaio di metri. Va anche considerato che le temperature dovettero salire di decine di gradi, porteo alla morte di molti viventi, fra cui l’uomo, salvo chi fosse a latitudini o ad altezze sul mare molto elevate. Spieghiamo quindi la scomparsa dei grei mammiferi nelle pianure a bassa altezza sul mare delle Americhe (mastodonti, dinoteri… ), mentre grei mammiferi sono sopravvissuti in Africa, parte della quale è un altipiano sui 2000 m di altezza, e mammiferi come l’elefante possono arrampicarsi su un vulcano come il Ruwenzori, stando all’osservazione di Bonatti. Anche l’uomo dovette sopravvivere particolarmente su alte montagne, come Caucaso, Nuova Guinea, parte dell’ Asia, e regione etiopica. Questa sopravvivenza può spiegare come in tali regioni si abbia una grande varietà linguistica (popoli che non lasciano le valli dove sono sopravvissuti) e genetica.

L’apparire in cielo del nuovo satellite Luna, conseguenza del passaggio ravvicinato del grande corpo ipotizzato, si spiega ipotizzando che tale corpo abbia perduto un suo satellite, catturato dalla Terra in una interazione gravitazionale a 4 corpi. Quindi dicono il vero il libro di Giobbe ed il salmo citati, ovvero che è esistito un tempo con la Luna ed un tempo senza la Luna. Vero pure, come affermano i Chimu, che la Luna aveva un padre, ovvero il corpo da cui è stata catturata. Qui è interessante la questione di quale sia stato il fato di tale corpo. La soluzione da noi considerata è quella associata alla proposta di John Ackerman (1996a,b) che la macchia rossa di Giove sia il risultato di un grande impatto, essendo non un uragano, ma associata al cratere da cui ancora escono gas e materiali. L’impatto può essere stimato a circa il 7000 AC, vedi Spedicato (2009a), sulla base di una cronologia mesoamericana che data la nascita di Venere a circa 3800 anni prima dell’inizio del grande anno, datato al 3114 AC.  L’impatto su Giove avrebbe avuto molti effetti, fra cui espulsione di massa, compresa una grande massa coagulantesi nel pianeta Venere, formazione di nuovi satelliti con spiegazione della lotta fra Giove e i Giganti, formazione delle comete gioviane, e allontanamento di Giove sulla attuale orbita, a partire da una precedente in cui appariva più grande. Evento ricordato nella mitologia sumera come quello della distruzione di Tiamat. Vedasi Spedicato (2013).  Si noti che la data del 7000 AC è assai vicina a quella proposta da  Tollmanns (1993) per un impatto contemporaneo di sette corpi sulla Terra, interpretabili come sette masse espulse da Giove.

La cattura del satellite divenuto Luna è considerabile come un evento minore rispetto agli effetti gravitazionali del grande corpo passato vicino alla Terra (quanto vicino è un problema da studiare parametricamente, essendo forse impossibile ottenere dati da cui ricavare tale distanza… ma non è detta l’ultima parola). Va tuttavia risolto il problema delle varves, strutture geologiche ritenuto causate da deposito sedimentale generalmente sul fondo di laghi o di mare su base periodica annuale e in modo più fino mensile. Tali varves esistono da prima della cattura della Luna, e va quindi ipotizzata la presenza di un altro satellite che avrebbe prodotto tali varves.

Varie considerazioni, in particolare le ragioni sviluppate dallo studioso Matteo Fagone, suggeriscono che tale satellite fosse Marte

–  La citata affermazione di Censorino è interpretabile come l’esistenza, prima che fosse catturata la Luna, di un altro satellite con 3 cicli annuali, ovvero 3 mesi all’anno. Per la terza legge di Keplero doveva ruotare più lontano della Luna di oggi, su orbita distante circa un milione di km. Ritrovare in Censorino una affermazione tanto ricca di significato scientifico, sfuggita anche a Velikovsky,  fu per me una grande sorpresa perché ritenevo impossibile stimare la distanza da Terra del precedente satellite.

– Il simbolo turco della mezzaluna con all’interno una stella 5 punte è espressivo di un cielo in cui la luna appaia più grande di Marte e con fasi ben definite. La stelle a 5 punte suggerisce Marte, quinto corpo dal sole nell’attuale configurazione (Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte), stabile nella sua attuale orbita da circa 3000 anni, stando alla teoria di Velikovsky (1950), vedasi anche Dixon (2002).  Il fatto che la stella sia più piccola suggerisce che tale doveva apparire nel cielo rispetto alla Luna. Riteniamo quindi che una stella a 5 punte, quali quelle negli affreschi egizi, si riferisse a Marte, quella a 6 punte, di Salomone e dei Mogul, a Giove, simbolo di potenza.

Varie caratteristiche di Marte sono indicative di una precedente relazione con la Terra. Come la simile velocità di rotazione ed angolo sull’eclittica. Inoltre l’evidenza emersa dalle esplorazioni spaziali di una recente presenza di acqua, perduta in modo rapido e catastrofico, ma in parte forse ancora presente nel sottosuolo, è compatibile con la perdita di acqua negli eventi successivi al distacco dalla Terra  Notiamo che Marte sarebbe stato nella fascia abitabile e con possibilità di presenza di vita. E forse non solo vita ad un basso livello. Su Marte sono state osservate varie strutture di origine probabilmente non naturale, vedasi vari articoli nel Metares Bulletin edito da Tom Van Flandern e un libro di Piccaluga (2006), associabili quindi ad azione di esseri intelligenti.

Marte ha un diametro circa doppia di quello lunare. Da Censorino stimiamo con la legge di Keplero un distanza corrispondente pari a circa 2.5 la distanza lunare attuale. Seguirebbe una riduzione della luminosità di circa 6 volte, con un aumento di circa 4 volte per la maggiore superficie di Marte, quindi, essendo le albedo (riflessività) simili, Marte sarebbe apparso meno luminoso della Luna di oggi, ed anche con minore diametro angolare.  Ma va anche considerata l’affermazione nei su citati autori classici che la Luna era un tempo più luminosa. Una affermazione enigmatica. La cui soluzione durante la  2009 Italian Archaeoastronomy Society conference in Firenze, dove conobbi il lavoro dell’archeologo Giuseppe Brunod secondo cui nel quarto millennio AC l’anno consisteva di 13 mesi. Se tale conclusione fosse corretta, allora seguirebbe:

–         Che la Luna era più vicina, apparendo nel cielo più grande e più luminosa, per la terza legge di Keplero

–         Che la sua superiorità su Marte come il precedente satellite era ancora più accentuata

–         Si avrebbe un forte motive per la grande sacralità del numero 13  per i Toltechi, Maya e Aztechi, apparendo nei loro calendari, geometrie architettoniche e rituali, come l’uccisione del re quando raggiungesse 13 anni di regno. L’anno sacro dei Maya, lo tzolkin, aveva 260 giprni, ovvero 13 per 20. Vedasi Spedicato (2013) per una spiegazione dell’importanza del numero 20.

L’anno passò a 12 mesi molto probabilmente dopo la seconda delle tre grei catastrofi citate da Platone. Tale catastrofe è virtualmente ignorata da chiunque abbia studiato Platone in merito ad Atlantide, ma è sicuramente quella del grande diluvio biblico associato a Noè o nei testi sumero-accadici a Ziusudra-Utnapishtim. La mia analisi del diluvio di Noè sarà prossimamente presentata, deo qui la data, il 3161 AC, ed il luogo dove Noè sopravvisse e imbarcò tutti gli animali… il lago Manasarovar vicino al monte più sacro dell’ Asia, il Kailash, in Tibet. Seguendo in particolare le idee di Ackermann (1996a,b), il diluvio sarebbe stato causato da un passaggio ravvicinato di Marte con perdita del suo nucleo, divenuto il pianeta Mercurio. Ricordiamo da sopra che Marte sarebbe stato staccato dalla Terra verso il 7000 AC a seguito impatto di materiale proveniente da Giove, a sua volta colpito dal corpo che cedette alla Terra un satellite. Per ragioni di dinamica celeste Marte sarebbe poi passato ogni 54 anni vicino alla Terra, vedasi Patten e Windsor (1996), evento che si sarebbe ripetuto forse per 100 volte, i 100 nomi di Dio nell’ Islam. L’evento del 3161 fu il più catastrofico, con perdita del  nucleo uscito dalla gigantesca fessura del Valles Marineris, e la perdita delle acque degli oceani di Marte, finite sulla Terra come le bibliche fontane dell’alto. Un evento che era da alcuni atteso e portò alla costruzione di arche attivata decenni prima dell’evento.

L’interazione fra Terra e Marte portò non solo alla perdita del nucleo di Marte (che ora ha densità metà di quella terrestre e campo magnetico quasi nullo), ma ad un allontanamento della Luna, con l’ anno che passò a 12 mesi, e ad una variazione del numero dei giorni dell’ anno terrestre, passato da 360 a circa 365.24. Tale variazione appare in un affascinante passo di Plutarco:

Hermes rubò un settantesimo della luce della Luna che passò all’anno dove il numero di giorni aumentò di 5…

Si noti che i 5 giorni aggiunti ebbero speciale considerazione nei calendari  successivi, venendo spesso calcolati a parte, dedicati a feste come presso i Maya, o con la proibizione di viaggiare, sposarsi, fare contratti, come per gli Egizi.

Una analisi delle ultime interazioni fra Marte e la Terra, vedasi De Grazia (2009), dove appare materiale da una visita della zona etrusca del lago di Bolsena. Per uno studio del passaggio delle orbite di Venere e Marte da ellittiche a circolari, senza violazione delle leggi di conservazione, vedasi Dixon (2002).

L’arrivo della Luna stato un regalo all’umanità dopo i terribili eventi relativi alla fine dell’ultima glaciazione, da cui l’umanità recuperò dopo circa 4000 anni, con gli eventi associabili all’ Eden e con l’inizio del  neolitico.  La Luna diede luce maggiore alla notte, più di quanto ne venisse da Marte. Il suo nome si riferisce a luce nel cielo, vedasi:

–         in cinese, hue lean,  “lampada nel cielo”

–         in latino, e in molte lingue derivate dal latino, luna,  che per metatesie scambi accettabili, diventa  →ul→el, “luce”, na→an, “cielo”, ovvero luce del cielo.

Non ho mai visto casi in cui la Luna abbia avuto una associazione negativa.

Ringraziamenti

L’idea di una recente cattura della Luna proviene dal libro di Velikovsky non pubblicato, In the beginning. L’ idea che Marte sia stato un precedente satellite della Terra viene da una discussione con lo studioso Matteo Fagone, autore del portale pianetamarte.net. Importanti le discussione con Alfred De Grazia.

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